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LA DIPLOMAZIA SVIZZERA PRO-ISRAELIANA

La diplomazia svizzera pro-israeliana

L’ultimo mese è stato ricco di decisioni di destra e filo-israeliane da parte delle autorità federali: l’astensione all’Assemblea dell’ONU sul voto per la fine dell’occupazione della Palestina; i tagli al bilancio dell’UNRWA in Consiglio nazionale; la reiterata volontà del Consiglio federale di mettere al bando Hamas, nonostante le critiche della società civile durante la consultazione.

Finora l’élite svizzera ha sempre goduto di una forma di neutralità filo-occidentale ma tollerante nei confronti dei movimenti di liberazione nazionale. I circoli dirigenti svizzeri sostenevano di servire un certo diritto umanitario internazionale, mentre in pratica difendevano i propri interessi nazionali, soprattutto economici: esportazioni di manufatti, comprese le armi, nonché servizi diplomatici, bancari e di commercio di materie prime.

Nella sua ultima votazione all’ONU, il Consiglio federale rifiuta di dare sostanza al parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, che dichiara illegali l’occupazione e l’annessione dei territori palestinesi e di Gerusalemme Est. La diplomazia svizzera si allinea così al belligerante Israele, senza esprimere nulla di serio sui bombardamenti e sullo sterminio di decine di migliaia di civili gazani, sulla distruzione sistematica delle loro case, scuole, ospedali e università e sulla carestia organizzata.

Il governo svizzero tace anche sull’uso di ordigni esplosivi in luoghi pubblici e privati per terrorizzare la popolazione libanese e sui massicci attacchi di Israele nella regione.

UNRWA de-finanziata

Dalle sue dichiarazioni del 2018, in cui Ignazio Cassis poneva la domanda “L’UNRWA è parte della soluzione o del problema?”, il direttore del DFAE ha adottato il linguaggio della diplomazia israeliana e si è allineato al governo di Benyamin Netanyahu, in una complicità unilaterale gravida di conseguenze. Il risultato è il trionfo delle argomentazioni dell’UDC e del PLR e dei loro attacchi all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente: il contributo svizzero è stato sospeso senza verificare le accuse mosse da Israele, schierandosi immediatamente dalla sua parte. Poi è stato reintrodotto, ma dimezzato. Alla fine, il Consiglio nazionale ha voluto abolirlo del tutto, nonostante le conclusioni relativamente positive del rapporto Colonna. La questione è ora all’esame del Consiglio di Stato.

Vietare Hamas per criminalizzare il sostegno al popolo palestinese

Il divieto di Hamas è assurdo, insostenibile e di per sé pericoloso. È insensato perché si applicherà in Svizzera, che non ha subito alcuna attività ostile da parte di Hamas, e perché qualsiasi sostegno, finanziario o materiale, ad attività terroristiche può già essere criminalizzato da un giudice sulla base dell’articolo 260ter o quinquies del Codice penale.

È insostenibile perché renderà un cattivo servizio alla ricerca di autonomia della Palestina, negando quella che di fatto è l’espressione della sovranità palestinese a Gaza. Infine, il disegno di legge è pericoloso perché viola il principio di uno Stato di diritto, che richiede leggi chiare e prevedibili piuttosto che deleghe al governo per dire cosa è legale e cosa no. La vaghezza della bozza del Consiglio federale la rende una misura autoritaria e arbitraria che potrebbe essere usata contro una moltitudine di attivisti e situazioni.

La Svizzera dalla parte dei regimi autoritari

Il nostro fronte sociale non può essere quello della carità religiosa e dei criminali di guerra, in particolare attraverso lo sterminio e la presa di ostaggi di civili. Ma lo scopo di questa legge è ben diverso. La legge sul divieto sarà solo un ulteriore strumento per criminalizzare la solidarietà internazionale nei confronti delle persone palestinesi. Consoliderà la posizione di una Svizzera ancorata a una politica internazionale cieca nei confronti della violenza coloniale e la metterà dalla parte dei regimi liberal-autoritari: l’Italia e l’India si sono astenuti dal votare la risoluzione dell’ONU, mentre Israele, gli Stati Uniti, l’Argentina e l’Ungheria si sono opposti.

solidaritéS condanna questo divieto inutile e securitario. Insieme ad altre organizzazioni di solidarietà con la Palestina, chiediamo di continuare la mobilitazione per la fine immediata della guerra contro il popolo palestinesi e libanese. Continuiamo a chiedere la liberazione delle persone palestinesi dal giogo coloniale, la fine dell’apartheid religiosa inflitta a musulmanx e cristianx e la fine dell’occupazione israeliana.

Queste sono le condizioni essenziali per la possibilità di una sovranità statale che protegga tutti i cittadini con uguali diritti, dal fiume Giordano al Mediterraneo.

SolidarietéS denuncia l’orientamento filo-israeliano della politica svizzera difesa da Ignazio Cassis, portata avanti in barba al diritto internazionale e nella totale indifferenza per la sorte del popolo palestinese.

-Pirata timido

– Tradotto da SolidaritéS