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TEMA DEL MESE: IMPERIALISMO SVIZZERO #5 – ISRAELE O ”LA SVIZZERA DEL MEDIO ORIENTE”

– Tradotto da Renverse.co

Imperialismo svizzero – Israele o “la Svizzera del Medio Oriente’’

Mentre le università svizzere vengono occupate a sostegno della Palestina, questa quinta puntata del nostro tema del mese racconta di come la Svizzera, con la sua posizione neutrale, abbia visto nascere il sionismo e di come abbia partecipato all’ascesa delle politiche coloniali.

Theodor Herzl guarda pensieroso il Reno dal balcone della sua camera d’albergo a Basilea. Questa è la foto più nota del fondatore del movimento sionista, scattata durante il Quinto Congresso nel 1903. Basilea è la città in cui Herlz fondò lo Stato ebraico, come affermato da lui stesso [1]. David Ben Gurion, il primo presidente di Israele, sognava che il suo Paese diventasse “la Svizzera del Medio Oriente”. Ancora oggi, nel famoso hotel dove soggiornò Herzl, è possibile prenotare la “River Room Herzl”, descritta come “ispirante e tranquilla”.

L’ironia è palpabile, dal momento che il genocidio delle persone palestinesi a Gaza è ancora in corso e il sostegno a Israele della maggior parte dei Paesi occidentali, in particolare la Svizzera (luogo di nascita del sionismo) rimane intatto.

Per comprendere appieno gli eventi in corso in Palestina, è cruciale tracciare brevemente le radici dell’imperialismo occidentale al fine di coglierne l’attuale estensione in Palestina giacché, non dimentichiamolo, Israele è l’avamposto dell’Impero in Medio Oriente. Se interpretiamo l’imperialismo, seguendo il pensiero di Lenin, come lo stadio supremo del capitalismo attraverso il quale le potenze capitaliste mondiali esercitano il loro dominio a livello globale, dobbiamo riconoscere che il processo di razzializzazione, iniziato nella penisola iberica nel XV secolo contro persone musulmane ed ebree, e successivamente diffusosi nelle Americhe durante il periodo coloniale e il conseguente genocidio delle popolazioni indigene, costituisce il nucleo del capitalismo.

In sintesi, la colonialità è fondamentale per l’attuale strutturazione politica del mondo e favorisce una gerarchizzazione globale dei popoli basata su criteri razziali, sessuali, epistemici, spirituali e linguistici. Il sociologo Ramon Grosfoguel utilizza il concetto formulato dal pensatore decoloniale Frantz Fanon di ‘’zona dell’essere’’ e ‘’zona del non-essere’’ per analizzare questa distinzione tra chi ha il diritto di vivere e chi no, tra chi è più vicino alla vita e chi alla morte. Per consentire il controllo coloniale delle persone palestinesi e autorizzare la loro morte, esse devono essere collocate al di fuori dell’umanità, nella zona del ‘’non-essere’’. Vengono descritte come “animali”, secondo le parole del Ministro della Difesa israeliano. Di conseguenza, la morte di migliaia di palestinesi è vista come una necessità, mentre nello stesso processo le persone israeliane sono viste come legittime e innocenti, come coloro che meritano la vita. Questa contraddizione perseguita oggi l’Occidente, anche se è riluttante ad ammetterlo in quanto significherebbe riconoscere che per sostenere Israele Gaza deve essere sradicata.

Ecco perché è essenziale intendere Israele e il sionismo come un’estensione razzista della modernità occidentale [2]. Insisto su questa affermazione. L’intera storia del sionismo si basa sull’idea di un presunto progetto emancipatorio per le persone ebree di tutto il mondo, che devono giungere nella terra della Palestina – erroneamente presentata come vergine – per abbandonare le loro precedenti identità plurali e diventare un “Ebreo Nuovo”, portatore di progresso e modernità. Il progetto sionista permetterebbe così di raggiungere lo stadio supremo della modernità stabilendo una colonia di insediamento, concepita come “Stato-nazione del popolo ebraico” e “baluardo dell’Occidente contro l’Asia e la barbarie” [3].

Per usare un termine coniato dalla docente di studi culturali Ella Shohat, si tratta innanzitutto di dislocare le identità delle persone palestinesi attraverso la colonizzazione, ma anche le identità di tutte le comunità ebraiche nella loro pluralità [4], creando così una pericolosa confusione, favorita da Israele e dagli Stati occidentali, tra ebraismo e sionismo. Il legame tra questi due processi di dislocazione è importante per comprendere la specificità del sionismo e del suo progetto coloniale.

Per completare questa riflessione, vorrei citare un autore particolarmente significativo da leggere in questo momento, il cui pensiero mi sta molto a cuore. Houria Bouteldja, teorica decoloniale i cui scritti sono fondamentali per comprendere il processo coloniale nel caso francese, si rivolge nel suo notevole saggio politico Les Blancs, les Juifs et nous: ‘’ Verso una politica di amore rivoluzionario, verso gli ebrei in quanto gruppo sociale:

  «Non potete ignorare che la Francia vi abbia reso francesi per strapparvi a noi, alla vostra terra, alla vostra identità arabo-berbera. Volendo osare, direi anche la vostra identità islamica. Proprio come noi siamo statx espropriatx di voi. Volendo osare, direi della nostra ebraicità. Inoltre, non riesco a pensare al Maghreb senza sentire la vostra mancanza. Avete lasciato un vuoto che non potremo mai colmare e per il quale resto inconsolabile».

 Questo processo di dislocazione, descritto in modo eloquente dall’autrice in riferimento al Decreto Crémieux introdotto dalla Francia in Algeria, è importante per comprendere il legame tra il progetto imperialista occidentale, di cui l’antisemitismo è uno dei fondamenti, e il sionismo. È un vuoto che sento con particolare intensità, provenendo da un Paese che ha visto andare via la maggior parte della sua popolazione ebraica [5].

In Svizzera, l’identità e la narrazione nazionale sono costruite sulla base del racconto di un Paese neutrale e ricco di valori umanistici. Ecco un estratto proveniente dal sito web del Dipartimento federale degli Affari esteri:

 «La neutralità è un principio della politica estera svizzera. È un elemento che genera pace e sicurezza in Europa e altrove. Garantisce l’indipendenza della Svizzera e l’inviolabilità del suo territorio. In virtù della legge sulla neutralità, la Svizzera non può prendere parte a una guerra tra altri Stati. La Svizzera attribuisce la sua neutralità alle sue inclinazioni umanitarie e pacifiche, in conformità con la sua tradizione di buoni uffici e di aiuto umanitario. La Svizzera gestisce la sua neutralità in base alle esigenze della solidarietà internazionale e la mette al servizio della pace e della prosperità.»

 Uno degli obblighi citati è quello di “garantire la parità di trattamento degli Stati belligeranti nell’esportazione di materiale di guerra”. È un bel discorso, ma ben lontano dalla realtà. La Svizzera vende armi e materiale destinato alla guerra, come dimostrano i fucili d’assalto svizzeri utilizzati dall’Arabia Saudita nella guerra contro lo Yemen e gli aerei Pilatus utilizzati dagli Stati Uniti nella guerra contro l’Afghanistan [6]. L’esercito ha recentemente acquistato droni dall’azienda israeliana Elbit Systems [7], un investimento concreto nell’industria della difesa israeliana, direttamente implicata nella politica di apartheid e genocidio di Israele contro i palestinesi. Questi sono ottimi esempi delle nostre famose “inclinazioni umanitarie e pacifiche”!

La Svizzera ha una lunga storia di partecipazione al colonialismo e all’imperialismo occidentale attraverso mezzi economici. Ciò che la rende tanto singolare quanto malvagia è la sua abilità nel nascondere la violenza che produce e di cui necessita per la sua sopravvivenza. L’intera storia della Svizzera, il Paese “neutrale, civilizzato e attaccato alla sua pseudo-tradizione di aiuti e valori umanitari”, sottace il passato e il presente coloniale, imperialista e violento che lo hanno reso uno dei Paesi più ricchi al mondo. Questa è la sua arma letale. D’altronde come dimenticare il coinvolgimento di moltx cittadinx svizzerx appartenenti alla borghesia nella tratta transatlantica dex schiavx? Come dimenticare il fatto che la Svizzera ha mantenuto la sua famosa neutralità durante la Seconda guerra mondiale intrattenendo affari con la Germania nazista e respingendo le persone ebree in fuga dallo sterminio? La neutralità svizzera non è altro che una maschera; essa serve unicamente per proteggere i suoi interessi di Paese imperialista con mezzi che non siano il coinvolgimento diretto nella guerra. La sua efficacia si manifesta nella sua capacità di perseguire politiche imperialiste presentandosi al contempo come una nazione neutrale con valori umanistici. È grazie a tutto questo che la Svizzera ha accumulato immense ricchezze, di cui l’intera popolazione svizzera beneficia (a gradi diversi).

C’è un aspetto che non dovrebbe essere trascurato nella conversazione. La Svizzera è ben nota per il suo contributo in materia di aiuti umanitari e per le numerose organizzazioni internazionali con sede a Ginevra. Essa esercita una grande influenza sul finanziamento e sull’organizzazione dell’UNRWA [8], rappresentandone uno dei primi 10 contribuenti.

L’UNRWA è un organismo necessario per la sopravvivenza di sei milioni di palestinesi. Concede loro il diritto ufficiale di essere riconosciuti come rifugiati, in quanto costretti ad abbandonare la propria terra durante la fondazione di Israele, e fornisce loro assistenza alimentare e istruzione di base. Di fatto, la Svizzera ha il potere di decidere se tagliare le limitate risorse a cui lx rifugiatx palestinesi possono o non possono accedere. Questo potere di vita o di morte include un aspetto temporale e costituisce un meccanismo di controllo che nel caso della Palestina gioca un ruolo importante nel perpetuare la situazione di Gaza. Se consideriamo Gaza come un sistema di piantagioni in cui Israele, secondo le loro parole, “taglia l’erba”, tutti questi fattori che influenzano profondamente la vita delle persone palestinesi costituiscono un intricato puzzle in cui ogni tassello è cruciale. Tagliando i fondi all’UNRWA, la Svizzera dimostra apertamente di favorire unicamente il campo israeliano. Ci sarebbe molto da discutere sull’UNRWA come strumento di controllo sul popolo palestinese, ma il taglio dei finanziamenti e l’accettazione delle menzogne israeliane al riguardo sono chiari segnali che la Svizzera sta svolgendo un ruolo determinante nella devastazione del popolo palestinese, considerando l’importanza di quest’organizzazione a Gaza e nella regione.

Un altro elemento da importante da considerare è il ruolo rivestito dall’islamofobia nella disumanizzazione delle persone palestinesi. Tutta la retorica politica volta a dipingere le persone arabe e musulmane come barbare e l’ascesa della retorica di estrema destra in Occidente hanno rafforzato l’apatia nei confronti del genocidio palestinese e la criminalizzazione di qualsiasi forma di sostegno alla resistenza. Hamas viene presentato come un gruppo terroristico privo di legittimità e persino il numero di morti che riporta viene messo in discussione. Recentemente, il Parlamento svizzero ha accettato una proposta di legge per la messa al bando di Hamas. Nel panorama è presente una potente lobby pro-Israele e anche le voci che fanno appello ad un cessate il fuoco sono poche. Sin dalle guerre in Iraq e Afghanistan, la morte delle persone musulmane è stata considerata accettabile e l’accelerazione delle politiche islamofobe gioca un ruolo cruciale in questo quadro.

I cittadini svizzeri hanno votato per il divieto di costruire minareti nel 2008 e contro il burqa nel 2021. La Svizzera è nota anche per la sua politica violenta nei confronti delle persone migranti, soprattutto nere e arabe, ed esistono numerosi esempi di maltrattamenti nei centri di asilo e parecchi casi di violenza poliziesca.

Recentemente si è svolta nello spazio pubblico una campagna di affissione di manifesti “contro il razzismo e l’antisemitismo”. Questi manifesti, distribuiti dalla Fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo e dallo Stato, contribuiscono a contrapporre l’antisemitismo ad altre forme di razzismo, in particolare l’islamofobia, e a distinguere le persone ebree dalle altre popolazioni colpite dal razzismo. La fondazione promuove anche l’idea falsa e pericolosa che l’antisionismo sia una forma di antisemitismo, e il governo svizzero la avalla.

Si tratta di un diversivo letale, che contribuisce all’uso strumentale dell’antisemitismo a fini razzisti e trascura il fatto che esso è innanzitutto un prodotto dell’Europa (da cui l’Occidente cerca di scagionarsi). Il recente accoltellamento di un uomo ebreo ortodosso a Zurigo ne è un esempio eclatante: il fatto che l’autore del crimine sia un quindicenne svizzero di origine tunisina è stato da subito utilizzato per promuovere politiche razziste. Il principale partito di estrema destra della Svizzera, l’UDC [9], ha già chiesto al Parlamento di rinforzare le frontiere per contrastare l’arrivo di persone migranti, viste come “la principale fonte di antisemitismo”. Il crimine antisemita di questo adolescente è orribile, ma è nostro dovere analizzare le motivazioni che possono portare a simili atti di violenza contro le persone ebree. Non per giustificarli, ma perché l’amore rivoluzionario ci impone di affrontare le ragioni del nostro potenziale declino come soggetti non bianchi, così come le condizioni che ci permetteranno di uscirne tuttx insieme [10]. Oltre all’antisemitismo storico europeo, il sostegno incondizionato degli Stati occidentali a Israele, la strumentalizzazione della lotta all’antisemitismo a vantaggio di politiche razziste e islamofobe, la criminalizzazione dell’antisionismo e di qualsiasi forma di sostegno alla Palestina contribuiscono alla persistenza e alla circolazione dell’antisemitismo.

Tale distorsione si manifesta parallelamente nella politica estera di Israele. I suoi rapporti con l’estrema destra occidentale sono noti, nonostante l’antisemitismo e i legami storici con il nazismo. Ad esempio, dei funzionari diplomatici israeliani hanno incontrato i leader del partito di estrema destra AUR [11] in Romania e Netanyahu è un amico di lunga data di Viktor Orban [12], dato che l’Ungheria è uno dei principali sostenitori di Israele in Europa, insieme a Germania, Francia, Regno Unito e Svizzera. La Svizzera ha persino deciso di astenersi dal voto per il riconoscimento della Palestina al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, evidenziando ulteriormente la sua insolvenza morale.

Molti partiti di estrema destra riconoscono in Israele un esempio di Stato etno-nazionalista che utilizza strumenti tecnologici per controllare e reprimere il popolo palestinese trasmettendo poi le conoscenze acquisite ad altri Paesi, e reiterando così l’abitudine coloniale di sperimentare nelle colonie ciò che verrà successivamente applicato nella propria patria. Israele è consapevole che l’alleanza con l’estrema destra rappresenta la migliore opportunità per ottenere il sostegno occidentale alla sua politica genocida, poiché entrambi condividono un razzismo contro le persone arabe e musulmane. Questa alleanza letale tra estrema destra e Israele non è nuova e ha precedenti storici, come il suo rapporto con il Sudafrica durante l’apartheid.

Non bisogna tuttavia dimenticare la responsabilità dei partiti di sinistra in tutto questo, i quali hanno visto un indebolimento nel loro sostegno storico alla Palestina, orientandosi invece verso il sionismo liberale e proposte o pseudo-soluzioni come quella dei due Stati [13]. Questa tendenza si iscrive in un arretramento generale della sinistra nell’ambito delle lotte antimperialiste. Tale posizione politica selettiva e paternalistica ignora il fatto che la principale e più rilevante contraddizione in atto riguarda la colonizzazione israeliana, prima ancora delle politiche interne del popolo palestinese [14]. La nostra responsabilità politica è quella di sostenere incondizionatamente la resistenza palestinese, tanto piu perché essa è composta da diverse forze politiche alleate, che vanno da Hamas al FPLP [15] e includono la Jihad islamica.

Il doppio standard della Svizzera non ha quindi più bisogno di essere smascherato. Con la sua posizione di neutralità e il suo presunto impegno a favore dei diritti umani, essa sta mettendo in luce la sua stessa ipocrisia. Il silenzio dell’Occidente di fronte al genocidio del popolo di Gaza, così come accaduto durante l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan da parte degli Stati Uniti [16], è una dimostrazione lampante dell’adagio pronunciato da un presidente peruviano del XX secolo: “Tutto per i miei amici, la legge per i miei nemici”.

L’operazione del 7 ottobre ha riportato al centro dell’attenzione la Palestina, una questione che Stati Uniti e Israele ritenevano di aver risolto una volta per tutte grazie agli accordi di Abramo. In questo modo si dimentica però che la Palestina resiste e lotta fin dalla prima Nakba e che, nonostante tutto ciò che ha passato continua a resistere, perché la lotta per la giustizia e la dignità è una causa giusta e non si arresterà facilmente. È quindi nostro dovere sostenerla, poiché sarà proprio lei a salvare la nostra umanità.

 Di Azadbek Bekchanov, Collectif Sud Global

Referenze :

[1Bâle, centre du sionisme

[2] Voir le manifeste de Tsedek !

[3Document – Excerpts from Theodor Herzl, The Jewish State (1895) – Patterns of World History 3e Dashboard Resources

[4] Voir Colonialités et rupture – Écrits sur les figures juives arabes, recueil de textes d’Ella Shoat présentés par Joëlle Marelli et Tal Dor

[5] L’immense majorité des Juifs boukhariotes ont quitté l’Asie centrale au cours du 20e siècle pour Israël et les Etats-Unis.

[6Quand le matériel de guerre suisse tue – rts.ch

[7Les Forces aériennes suisses reçoivent leurs deux premiers drones israéliens – rts.ch

[8] Office de secours et de travaux des Nations unies pour les réfugiés de Palestine dans le Proche-Orient

[9] Union Démocratique du Centre

[10] Voir le chapitre Vous les Juifs dans Les Blancs, les Juifs et nous : Vers une politique de l’amour révolutionnaire de Houria Bouteldja et son article sur le QG décolonial.

[11] Alliance pour l’unité des Roumains

[12] Viktor Orban est connu pour ses attaques antisémites envers Georges Soros et sa nostalgie de la Hongrie collaborationniste.

[13] Les exemples sont nombreux mais le numéro du printemps 2023 de Pages de Gauche donne un bon aperçu du sionisme de gauche en Suisse. J’en profite pour mettre la réponse de Tamara Knezevic face à des accusations fallacieuses de Pages de Gauche contre les féministes qui s’engagent pour la Palestine sans conditions.

[14] Sur ce point, je renvoie à l’appel de Queers in Palestine.

[15] Front populaire de libération de la Palestine

[16] Je pourrai aussi citer l’intervention de l’OTAN en Libye en 2011 et l’invasion du Mali par la France en 2013.