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37 ANNI DALLA PRIMA INTIFADA: UN SIMBOLO DI RESISTENZA CONTRO IL COLONIALISMO SIONISTA

37 ANNI DALLA PRIMA INTIFADA: UN SIMBOLO DI RESISTENZA CONTRO IL COLONIALISMO SIONISTA

L’8 dicembre 1987, un camion delle forze di occupazione sioniste investì deliberatamente quattro lavoratori palestinesi nel campo profughi di Jabalia, uccidendoli. Questo attacco, presentato dall’esercito di occupazione e dai media occidentali come un

“incidente”, fu l’evento che innesco una vasta rivolta popolare contro l’occupazione: la Prima Intifada.

Tra l’8 dicembre 1987 e il 13 settembre 1993, questo movimento storico divenne il simbolo di una resistenza collettiva che univa la lotta armata a forme di resistenza civile, come scioperi generali, boicottaggio delle istituzioni coloniali e un netto rifiuto economico verso gli insediamenti illegali. Lo stato coloniale rispose con estrema brutalità, dispiegando circa 80.000 soldati, uccidendo quasi 2.000 palestinesi, ferendone oltre 130.000 e arrestando decine di migliaia di persone, molte delle quali sottoposte a torture sistematiche come strumento di repressione.

Nonostante la ferocia della repressione, il popolo palestinese mantenne salda la propria determinazione, rifiutandosi di piegarsi all’occupazione. Abu Ahmad, uno dei protagonisti della lotta popolare e prigioniero durante la Prima Intifada, affermò: “Israele ha fatto di tutto, ma non è stato in grado di spezzare la volontà del popolo palestinese. Oslo l’ha spezzata”. Trent’anni dopo, l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), frutto degli

Accordi di Oslo, è ancora al potere, mentre politiche come l’espansione degli insediamenti, il genocidio di Gaza e il muro di separazione illegale in Cisgiordania hanno consolidato il colonialismo, alimentando disillusione e senso di tradimento tra i palestinesi.

Uno degli aspetti più straordinari della Prima Intifada, ancora vivo nella memoria collettiva, fu il senso di unità che pervase la popolazione. La generazione che resistette al colonialismo imparò il valore della lotta collettiva e del lavoro comunitario. Tuttavia, per i giovani palestinesi di oggi, la Prima Intifada rappresenta anche una testimonianza di come la leadership elitista abbia tradito le aspirazioni del popolo, come avvenne con gli Accordi di Oslo del 1993. Questi non solo soffocarono lo spirito di confronto, ma introdussero un sistema neoliberista che rese la sopravvivenza palestinese sempre più dipendente dall’occupante.

Dalla Prima Intifada ci sono molte lezioni da trarre. Essa dimostra l’importanza della solidarietà collettiva e della mobilitazione in ogni ambito possibile: dall’arte al teatro, dalla letteratura all’agricoltura. Ma soprattutto insegna che smettere di lottare, anche solo per un momento, significa accettare di perdere.

Sebbene ricordata per la sua forza di base e il lavoro comunitario, la Prima Intifada è anche un monito sul fallimento della leadership palestinese, che non seppe coltivare quel potente movimento trasformandolo in un’arma politica efficace. Questo tradimento ha lasciato in eredità una profonda sfiducia nella leadership, un sentimento particolarmente diffuso tra i giovani di oggi.

Nonostante il genocidio a Gaza, l’assedio durato decenni e le continue violenze dell’occupazione, la lotta palestinese rimane viva. La determinazione del popolo palestinese continua a superare le divisioni generazionali, mantenendo vivo lo spirito della Prima Intifada, della Seconda Intifada e delle mobilitazioni recenti, come quelle del 7 ottobre 2023.

Ancora oggi, le generazioni di palestinesi sono unite nella resistenza contro l’oppressione e nella scrittura di una storia di lotta che non conosce fine. 

 – Di Giovani Palestinesi Italia