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25.12.2024 – NATALE TRASH PARTY – PALLA IN GIOCO (SECONDA PARTE)

2) Pace alle capanne, guerra ai palazzi!

La strada comanda

(Le ragazze di Porta Venezia, Myss Keta, 2015)

Proprio su quest’ultimo punto – quello riguardante la cultura alternativa e/o indipendente – sentendoci un poco chiamati in causa, vorremmo provare a porre almeno un paio di domande, giusto per apportare un po’ di dibattito, sulla base di un’esperienza politica che, nonostante repressione, tentativi di cancellazione, di oblio e di divisione, abita questa città da 28 anni, di cui gli ultimi 3 e mezzo senza uno spazio fisico stabile.


La prima domanda che ci vien da porre è infatti: quando si parla di cultura che cosa si intende esattamente per cultura alternativa o, che dir si voglia, indipendente?

Dallo sgombero del CSOA Il Molino e la distruzione di parte dell’ex macello, scopriamo improbabili esponenti del municipio o del consiglio comunale appassionati di concerti indie noise e performance di teatro sperimentale! Eppure, solo fino a poco tempo fa, eravamo solo dei brozzoni da spazzar via con le ruspe, quattro gatti da bastonare e a cui far pagare non si sa bene quale bolletta (peraltro sempre pagata) o spesa di manifestazione non autorizzata. Forse vale la pena ripercorrere rapidamente una volta ancora questi ultimi tre anni e mezzo per farsi un’idea più compiuta delle responsabilità politiche, degli errori di valutazione, della violenza e delle falsità di una minoranza padrona della città, che prova a sciacquarsi la faccia con il recupero della “cultura indipendente”, scurdandose ’o passato…

Altro che elefanti in una stanza che hanno sempre rifiutato il dialogo, Paride! Rileggiti la storia (https://www.inventati.org/molino/un-giorno-verra-prima-parte/ ) che la palla è sempre lì che rimbalza, basta saper attendere il momento giusto per afferrarla…

Con la distruzione dell’unico centro sociale nella Svizzera italiana nel maggio 2021, le ruspe dell’operazione “Papi” non hanno solamente distrutto e brutalizzato uno spazio di vita e di autogestione, ma hanno anche messo fine a un luogo di aggregazione politica dichiaratamente conflittuale. Sebbene contro intuitivo, come spesso accade, lo sgombero di un centro sociale come quello del Molino ha di fatto dato impulso alla nascita di ulteriori realtà variamente giovanili, anche autogestite, non conformi o indistintamente “alternative”. Alcune di queste realtà, beninteso, già esistevano e camminavano, altre si sono condensate indipendentemente dallo sgombero del Molino, altre ancora gemmeranno, ma nondimeno sono balzate all’attenzione o hanno ricevuto riconoscimento, all’interno del dibattito pubblico, soltanto dopo il 29 maggio 2021. Il caso più ripreso in tal senso è stata l’esperienza della Tour Vagabonde ma vale anche la pena ricordare le molte adesioni che hanno costruito il partecipato corteo “Facciamoci spazio” della primavera del 2023.

Non spetta ora a questa spiccia disanima dar conto di tutto quanto è nato, sta nascendo e si è mosso autonomamente a Lugano in questi ultimi anni, ma appare un dato di fatto: se prima del 29 maggio 2021 il Municipio doveva saltuariamente chinarsi sul “problema dei molinari”, oggi deve, sempre con la consueta scadenza elettorale e con le purtroppo consuete modalità, confrontarsi con le tante diversità della “cultura indipendente”, senza peraltro ancora arrivarne a una o porsi perlomeno in una situazione di ascolto dei reali bisogni.

Giorgio Giudici, a suo tempo, aveva utilizzato la metafora del formicaio. Il fatto che lui disponga di metafore e di lucidità politica migliori dei suoi epigoni la dice lunga sulla miseria della politica istituzionale in questa città. Per cui, va da sé che, per tale politica e per la stampa che ne scrive, sotto le etichette “cultura alternativa” e “indipendente”, si possano intendere principalmente tre cose, non necessariamente in opposizione tra loro ma tutte altrettanto detestabili:

  • l’insieme di tutte le realtà che promuovono cultura dal basso e senza scopo di lucro, in una gamma di variabili piuttosto indistinta che include anche il Molino, se non altro al fine di insinuare bavosi distinguo tra cultura alternativa buona e cultura alternativa cattiva;

  • l’insieme di pratiche e offerte culturali alternative alla movida luganese, prevalentemente incentrata sul duopolio cielle/Tito Bravo (amici dei preti ed ex paramilitari, per semplificare…);

  • infine, ma non per ultima, un’interessante fetta di mercato da conquistare o un insieme di pratiche conflittuali che è necessario recuperare.

Con tutta l’umiltà del caso, la nostra concezione di cultura alternativa, ammesso che ve ne sia una soltanto, ci serve in realtà come grimaldello per introdurre la seconda delle domande che vale la pena porsi: alternativa a che cosa? Indipendente da che cosa?

Per quanto ci riguarda è almeno chiaro quanto iscritto nella nostra non breve esistenza il fatto che, al di là delle definizioni antropologiche, cultura e politica sono per noi due dimensioni inscindibili. L’una compenetrante l’altra e viceversa. Di conseguenza, se l’esperienza del CSOA il Molino può definirsi genericamente come forma di cultura alternativa, è soprattutto perché nasce come progetto politico controculturale e, pertanto, in conflitto aperto con lo stato di cose presenti. L’autogestione, di cui spesso ci si riempie la bocca, rappresenta per noi un mezzo che serve ad adoperare un altro mezzo: lo spazio fisico. Spazi occupati, recuperati, liberati, sottratti a logiche speculative o di semplice abbandono, attraverso pratiche di autogestione collettive e assembleari, rappresentano i mezzi attraverso cui vivere ed esprimere conflitto e una pratica altra di società. Non certo per fare gli alternativi! Voler stabilire un confine divisorio tra una supposta autogestione “legale” – accettabile e tollerabile – e una non conforme, definita come “illegale”, da quelle stesse persone che usano i concetti di legalità e di democrazia come fossero cosa propria, è la dimostrazione di quanto ancora si sia capito poco o niente del processo, del significato di tale pratica.

O nient’altro che un manipolatorio tentativo di annacquare il termine ‘’autogestione’’ per depotenziarlo. Del resto, tra i tanti paladini dell’egemonia democratico-liberale, qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi cosa comporti veramente considerare le pratiche femministe, antifasciste o antirazziste come espressioni di una cultura alternativa (mumble… mumble…): se il femminismo, l’antifascismo e l’antirazzismo sono la cultura alternativa, allora il patriarcato, il fascismo e il razzismo sono la cultura egemone, n’est-ce pas?

Cionondimeno, si dà il caso che anche i sillogismi ci piacciano poco, per questo intendiamo continuare a macinare esperienze in occupazione, autogestione e conflitto contro il ristretto e recintato mondo delle frontiere, degli Stati e dei lor padroni. Come tanti elefanti, tra pazienza e saggezza che con la loro stazza possono schiacciare il male e il peccato, simbolo della memoria, per non dimenticare mai il proprio passato.

Tra poco l’ennesima puntata.. gli elefanti in cammino… la palla rimbalzante e il campo da gioco comunicato a breve..

(fine seconda parte… continua…)