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L’EREDITÀ NASCOSTA DI USAID: AGENZIA UMANITARIA O STRUMENTO DELL’IMPERO?

L’eredità nascosta di USAID: agenzia umanitaria o strumento dell’impero?

Testo tradotto dall’inglese

Gli aiuti all’estero sono un metodo con cui gli Stati Uniti mantengono una posizione di influenza e controllo nel mondo”. – Presidente John F. Kennedy.

Per oltre sessant’anni, gli aiuti esteri degli Stati Uniti – elargiti sotto forma di aiuti alimentari, economici e militari – sono stati uno strumento strategico per promuovere i loro interessi nel Mondo Maggioritario, sotto la maschera dell’assistenza umanitaria. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno contribuito da soli a oltre il 43% (1) degli aiuti globali, esercitando un’influenza senza precedenti sullo sviluppo mondiale. L’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) è stata al centro di questo sforzo, plasmando i sistemi alimentari, le politiche economiche e i programmi sanitari in tutto il Mondo Maggioritario.

” Mondo Maggioritario” si riferisce ai paesi comunemente etichettati come “in via di sviluppo”, che in realtà costituiscono la maggioranza della popolazione mondiale. “Mondo Minoritario” si riferisce ai paesi comunemente etichettati come “sviluppati” e sottolinea che, sebbene questi paesi tendano a imporre la propria volontà sul resto del mondo, essi rappresentano in realtà una minoranza.

Poco dopo il suo insediamento, a gennaio, l’amministrazione Trump ha sconvolto il panorama degli aiuti globali smantellando l’USAID, tagliando l’83% (2) dei suoi programmi e accorpando gli scarti al Dipartimento di Stato, per portare avanti la sua agenda “America First”. In una notte, gli interventi umanitari in tutto il mondo sono stati gettati nel caos. Migliaia di lavoratori in prima linea sono stati licenziati. milioni di tonnellate di derrate alimentari bloccate nei porti. Programmi fondamentali in Sudan, Gaza, Sudafrica e Siria sono crollati. Milioni di persone, già alle prese con delle crisi, sono state costrette a sprofondare sempre di più nella fame e nella povertà.

Ora, con la caduta di USAID, ci chiediamo: cosa significa questo per i milioni di persone che dipendono dai suoi aiuti e per il futuro dei nostri sistemi alimentari?

Fondata nel 1961 sotto il presidente Kennedy, l’USAID è stata concepita come una mossa strategica per contrastare l’influenza socialista nei Paesi del Mondo Maggioritario* da poco indipendenti, garantendo il loro allineamento al capitalismo occidentale.

Prima che venisse ritirato qualche settimana fa, il sito web dell’USAID dichiarava apertamente che:
“L’assistenza estera degli Stati Uniti ha sempre avuto il duplice scopo di promuovere i suoi interessi di politica estera nell’espansione della democrazia e dei liberi mercati”.

Il doppio mandato dell’USAID – aiuti umanitari intrecciati a strategie geopolitiche – ha definito il suo ruolo per oltre sessant’anni. Dall’inondazione dei mercati vulnerabili con cibo e farmaci statunitensi, alla guida della Rivoluzione Verde, alla definizione della ricerca agricola e alla direzione dei mandati di istituzioni globali come le Nazioni Unite, il Programma Alimentare Mondiale e l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura, l’influenza di USAID è stata inimmaginabilmente vasta. Ma in nessun luogo questa influenza è stata più potente – o più dannosa – che nell’ambito dei sistemi alimentari.

In qualità di principale artefice della Rivoluzione Verde, l’USAID ha reingegnerizzato l’agricoltura del mondo maggioritario promuovendo monocolture, fertilizzanti industriali e input chimici. Sotto la sua influenza, i centri di ricerca internazionali hanno promosso varietà di grano e riso “ad alto rendimento” che hanno soppiantato le sementi indigene e le pratiche agricole tradizionali. I contadini sono stati bloccati in nuovi cicli di debito e dipendenza. La biodiversità è crollata. Come la salute del suolo. Cosi, Il Mondo Minoritario ha consolidato il suo potere di mercato.

Nell’ambito del suo programma per “porre fine alla fame nel mondo”, ogni anno l’USAID spediva milioni di tonnellate di grano americano in eccedenza a prezzi altamente sovvenzionati alle regioni insicure dal punto di vista alimentare. Ma non si trattava di carità, bensì di strategia. Una guerra economica camuffata con sacchi di grano e farina.

La maggior parte di questi aiuti erano “aiuti alimentari programmati”: grano esportato in cambio di concessioni politiche ed economiche. In cambio, i Paesi beneficiari sono stati costretti a deregolamentare l’agricoltura, a ristrutturare le loro economie e a firmare accordi commerciali che hanno aperto i loro mercati all’agroalimentare statunitense.

Anche gli “ programmi di aiuti alimentari”, cioè il cibo donato “gratuitamente”, avevano i loro vincoli. I cereali a basso costo importati dagli Stati Uniti hanno fatto crollare i prezzi dei prodotti alimentari del Mondo Maggioritario, paralizzando i sistemi alimentari e le economie locali e costringendoli ad acquistare cibo dai Paesi e dalle multinazionali del Mondo Minoritario per nutrire le loro popolazioni.

Il manuale dell’USAID per far collassare i sistemi alimentari locali è più o meno questo:

In primo luogo, inondare i mercati locali di cibo a basso costo fino a quando gli agricoltori non possono competere. Poi, spingere i governi a deregolamentare l’agricoltura e a importare invece di investire nella produzione locale.

Di conseguenza, le comunità un tempo autosufficienti vengono trasformate in acquirenti – e non in coltivatori – del loro stesso cibo, bloccando i Paesi del mondo maggioritario nella dipendenza e assicurandosi il controllo totale del mercato.

Le conseguenze sono state devastanti.

Haiti: Haiti era autosufficiente per quanto riguarda il riso fino a quando l’USAID e il FMI non hanno introdotto la liberalizzazione del commercio negli anni ’80: le tariffe sono state ridotte, le quote eliminate e il riso statunitense sovvenzionato ha invaso il mercato. Gli agricoltori haitiani non potevano competere. Tra il 1985 e il 2005, le importazioni di riso di Haiti sono passate da 7.337 tonnellate (meno del 5% del consumo nazionale) a 260.000 tonnellate (3).

Anche Bill Clinton in seguito ammise che: “Queste politiche possono essere state buone per alcuni dei miei agricoltori in Arkansas, ma non hanno funzionato… È stato un errore di cui sono stato partecipe… Devo vivere ogni giorno con le conseguenze della perdita della capacità di produrre riso ad Haiti per sfamare quella gente, a causa di ciò che ho fatto”.

Eppure, gli Stati Uniti non si sono mai assunti le proprie responsabilità e non si sono mai mossi per rimediare ai loro danni. Oggi Haiti importa l’85% del suo riso, per la maggior parte da aziende agroalimentari statunitensi che ora dominano il mercato (4).

Giordania: I sistemi alimentari della Giordania hanno seguito un percorso simile. Per millenni, fino alla fine degli anni ’60, la Giordania era autosufficiente nella produzione di grano coltivato a secco. Nel 1967, gli Stati Uniti hanno iniziato a inviare farina bianca sovvenzionata come aiuto alimentare alla Giordania, facilitando programmi come Food for Peace dell’USAID. Le politiche neoliberiste imposte dalla Banca Mondiale e dal FMI impedirono al governo giordano di sostenere gli agricoltori locali. L’agricoltura è crollata. I giovani migrarono verso le città. I terreni agricoli sono stati spianati. Oggi, la Giordania importa oltre il 97% dei suoi cereali, nonostante abbia un enorme potenziale per soddisfare il proprio fabbisogno alimentare (5).

Burkina Faso: Almeno per un certo periodo, il Burkina Faso ha preso una strada diversa. Sotto la guida del presidente Thomas Sankara, negli anni ’80, il Paese ha rifiutato gli aiuti stranieri, compreso l’USAID, definendoli uno strumento di dipendenza e controllo.

Chi vi nutre, vi controlla”, ammoniva Sankara. Ha lanciato ampie riforme agrarie per restituire la terra alla popolazione, incrementare la produzione alimentare locale e raggiungere l’autosufficienza alimentare. In soli quattro anni, il Burkina Faso raddoppiò la produzione di grano e divenne autosufficiente per quanto riguarda le colture di base, il tutto senza aiuti stranieri (6).

A causa del suo rifiuto dell’imperialismo, Sankara fu assassinato nel 1987 con un colpo di Stato sostenuto da Stati Uniti e Francia. Le sue politiche furono rapidamente smantellate. I programmi di aiuto tornarono, i mercati si riaprirono alle importazioni straniere e l’agricoltura locale sprofondò. Il Burkina Faso tornò a dipendere pesantemente dall’assistenza alimentare esterna, non perché mancasse di capacità, ma perché la volontà politica di resistere alla dipendenza era stata schiacciata.

Non si tratta di storie isolate. Fanno parte di un progetto più ampio e continuo di colonialismo, in cui gli aiuti vengono utilizzati per smantellare sistematicamente la sovranità alimentare del Mondo Maggioritario, al fine di sostenere il flusso di ricchezza e risorse verso il Mondo Minoritario.

Come ci ricorda l’antropologo Jason Hickel: “per ogni dollaro di aiuti che il Sud globale riceve, ne perde 30 a causa dello scambio iniquo con il Nord”.

I miliardi che affluiscono attraverso l’USAID vengono restituiti spesso attraverso il pagamento di interessi, l’esportazione di prodotti di base e l’accesso a nuovi mercati per l’industria agroalimentare statunitense. Gli aiuti non sono un trasferimento risarcitorio di ricchezza. È un meccanismo di estrazione.

Oggi, la maggior parte dei beneficiari degli aiuti è più insicura che mai, mentre i Paesi del Mondo Minoritario hanno consolidato un potere e un controllo senza pari sui sistemi alimentari e sulle economie globali.

Solo quattro corporazioni controllano: il 60% del mercato delle sementi (7) , il 65% del mercato agrochimico (8) , il 90% del commercio globale di cereali (9).

Nel corso dei decenni, l’USAID ha esteso i suoi tentacoli in ogni aspetto del sistema alimentare, per sottrarre ricchezza al Mondo Maggioritario e consolidare il potere degli Stati Uniti. Ora, mentre l’amministrazione Trump si muove per eliminare 5.200 dei 6.200 premi pluriennali e tagliare il 30% delle sovvenzioni agli aiuti esteri (10) – osserva il giornalista Thin Lei Win -, “è più una questione di ciò che non viene colpito che di ciò che viene colpito”.

Tra le perdite più devastanti c’è quella di FEWS NET (Famine Early Warning Systems Network), uno strumento cruciale utilizzato dalle agenzie umanitarie per prevedere la carenza di cibo e indirizzare la risposta alle emergenze. La sua chiusura ha lasciato le organizzazioni umanitarie in difficoltà, incerte su dove e come impiegare le risorse. I ricercatori del sistema alimentare avvertono che questa perdita potrebbe avere l’impatto più catastrofico a lungo termine sulla fame nel mondo. E non si tratta solo della perdita di lungimiranza, ma dello smantellamento di un sistema progettato per gestire le crisi che gli Stati Uniti stessi hanno contribuito a creare. Crisi alimentate da decenni di interventi dell’USAID che hanno minato la sovranità alimentare in tutto il mondo a maggioranza. Ora, soprattutto nelle regioni già alle prese con una grave insicurezza alimentare – come il Sudan, la Siria e l’Africa subsahariana – altri milioni di persone potrebbero essere condannate alla fame e alla carestia. Purtroppo le conseguenze sono già visibili.

A pochi giorni dal congelamento dei fondi deciso da Trump il 20 gennaio, oltre 500.000 tonnellate di cibo giacevano in un limbo (11) , incapaci di raggiungere le migliaia di persone che si erano prefissate di sfamare. Il Programma alimentare mondiale ha poi annunciato la chiusura delle operazioni in Sudafrica. Oltre l’80% dei programmi alimentari di emergenza in Sudan, devastato dalla guerra, sono stati chiusi, lasciando 2 milioni di persone nell’insicurezza alimentare (12).

I programmi di assistenza sanitaria per l’HIV, la tubercolosi e la malaria sono stati interrotti. 11,7 milioni di donne e ragazze hanno perso l’accesso alle cure contraccettive e il Guttmacher Institute prevede che oltre 8.000 moriranno per complicazioni durante la gravidanza e il parto (13).

Altri programmi critici in Siria, Gaza e Ucraina rischiano ora di subire interruzioni improvvise e fatali.

Un tracker online (14) che visualizza il costo umano di alcuni tagli ai programmi dell’USAID stima che 103 persone muoiono ogni ora come conseguenza diretta.

Il CDC, l’autorità sanitaria africana, stima che questi tagli potrebbero provocare da due a quattro milioni di morti (15).

E gli effetti a catena di questa situazione stanno solo iniziando a emergere.

Questo è il vero volto degli aiuti: non un ponte verso l’autosufficienza, ma un meccanismo di sottomissione. Ai Paesi del mondo maggioritario è stata sistematicamente negata la capacità di produrre ciò di cui hanno bisogno – dalle sementi ai farmaci salvavita – attraverso le regole del commercio e i regimi di proprietà intellettuale applicati da istituzioni come l’USAID. Quando gli Stati Uniti tolgono la terra da sotto i piedi a questi Paesi, non scompaiono solo i finanziamenti, ma anche il cibo, l’assistenza sanitaria e la sopravvivenza. Se gli aiuti fossero davvero un’opera di giustizia, si adopererebbero per smantellare i sistemi che li rendono necessari. Invece, rafforzano la dipendenza, erodono la sovranità e assicurano che anche il diritto di vivere rimanga soggetto alla politica estera.

La caduta dell’USAID mette a nudo la fragilità del sistema alimentare industriale globalizzato, un sistema così precario che un solo cambio di governo può sconvolgerlo completamente, gettando milioni di persone nella fame e nella povertà. Gli aiuti non sono stati semplicemente negati, ma sono stati usati come arma. Ancora una volta.

I movimenti sociali e le comunità contadine ci mettono in guardia da tempo sui pericoli degli aiuti e ci mostrano quali alternative sono possibili: sistemi alimentari fondati sulla sovranità, in cui il potere di coltivare, distribuire e decidere rimane nelle mani di chi ci nutre. E la verità è che le comunità non hanno mai aspettato il permesso per riprendersi quel potere.

Ad Haiti, il Mouvman Peyizan Papay (MPP) da decenni organizza i piccoli agricoltori per ricostruire banche dei semi locali e resistere alla dipendenza da semi importati e aiuti alimentari. Dopo il terremoto del 2010, ha guidato mobilitazioni di massa per rifiutare la “donazione” di semi OGM da parte di Monsanto e reinvestire nelle varietà autoctone, resilienti al clima.

In Giordania, Al Barakeh Wheat sta riportando in vita i sistemi tradizionali di coltivazione del grano a secco, decimati dagli aiuti alimentari statunitensi. Quello che era iniziato con poche famiglie che piantavano grano in terreni urbani abbandonati è diventato un movimento — che unisce agricoltori, panificatori e abitanti delle città per coltivare cibo radicato nella cultura, nella sovranità e nella cura.

In tutta l’Africa, movimenti come Rural Women’s Assembly e We Are the Solution difendono l’agroecologia, i diritti sulla terra e i mercati territoriali da un’ondata di progetti di aiuto guidati dall’estero, che cancellano le conoscenze locali a favore del controllo aziendale.

Queste comunità rappresentano la prima linea, non solo del nostro sistema alimentare, ma anche nella riconquista del potenziale sacro dell’umanità di immaginare un mondo migliore.

Un mondo in cui il cibo non è un’arma.

Dove l’aiuto non è una performance.

Dove la sovranità non è esternalizzata, ma incarnata.

La tragedia sarebbe lasciare che questo momento passi senza cogliere l’occasione per reimmaginare ciò che viene dopo. Questa è la nostra occasione per porre domande diverse:

Questa è la nostra occasione per porre domande diverse:

  • Come sarebbero gli aiuti se il loro obiettivo fosse quello di diventare superflui?

  • E se, invece di ricostruire lo stesso ingiusto sistema alimentare, cogliessimo questa frattura per immaginare qualcosa di radicalmente diverso?

  • E se le nazioni del Mondo Maggioritario potessero cominciare a trovare percorsi per riconquistare risorse e rilocalizzare le economie alimentari?

  • E se finalmente mettessimo al centro le comunità che hanno nutrito il mondo per generazioni, lavorando insieme per dare vita a sistemi radicati nella giustizia, nella cura e nell’autodeterminazione?

Questa crisi è anche un bivio.

E ciò che verrà dipende da noi.

Allora, lasciamoci piangere.

Lasciamoci infuriare.

E poi, mettiamoci al lavoro.

Perché piantiamo i nostri semi nelle crepe dell’impero.

A Growing Culture

15 aprile 2025

Fonti:

1) https://www.linkedin.com/pulse/flash-analysis-us-aid-freeze-90-day-countdown-crisis-agencies-byrnes-b1ene/?trackingId=cxVKMvMi1FOTM2yqiNvP2Q==

2) https://www.theguardian.com/us-news/2025/mar/10/marco-rubio-usaid-funding

3) https://www.thenewhumanitarian.org/opinion/2022/09/14/Haiti-food-crisis-international-aid

4) https://www.thenewhumanitarian.org/opinion/2022/09/14/Haiti-food-crisis-international-aid

5)https://openknowledge.fao.org/server/api/core/bitstreams/a3feca3d-3c9b-4649-9fb7-14c2ad35187e/content

6)https://www.thomassankara.net/facts-about-thomas-sankara-in-burkina-faso/?lang=en#:~:text=%E2%80%93%20He%20redistributed%20land%20from%20the%20feudal,that%20%E2%80%9Che%20who%20feeds%20you%2C%20controls%20you.%E2%80%9D

7) Clapp, J. (2021). The problem with growing corporate concentration and power in the global food system. Nature Food, 2(6), 404–408. doi:10.1038/s43016-021-00297-7 

8) Clapp, J. (2021). The problem with growing corporate concentration and power in the global food system. Nature Food, 2(6), 404–408. doi:10.1038/s43016-021-00297-7 

9) https://www.theguardian.com/global-development/poverty-matters/2011/jun/02/abcd-food-giants-dominate-trade

10) https://www.theguardian.com/us-news/2025/mar/10/marco-rubio-usaid-funding

11) https://www.reuters.com/world/halt-us-aid-cripples-global-efforts-relieve-hunger-2025-02-06/

12) https://www.bbc.com/news/articles/cy7x87ev5jyo

13) https://www.theguardian.com/global-development/2025/feb/04/deaths-predicted-amid-the-chaos-of-elon-musks-shutdown-of-usaid

14) https://www.impactcounter.com/dashboard?view=table&sort=interval_minutes&order=asc

15) https://healthpolicy-watch.news/africa-cdc-aid-cuts-will-result-in-millions-more-african-deaths/