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I REMIGRATORI: DALL’AUSTRIA A DONALD TRUMP, L’ESTREMA DESTRA GLOBALE HA UNA NUOVA PAROLA D’ORDINE PREFERITA

– Di Leonardo Bianchi

Da COMPLOTTI

I REMIGRATORI

Dall’Austria a Donald Trump, l’estrema destra globale ha una nuova parola d’ordine preferita: “remigrazione”

Per la prima volta in assoluto, un paese dell’Unione Europea (l’Italia) ha deportato un gruppo di migranti in un paese non-UE (l’Albania) per esaminare la loro richiesta d’asilo. Nonostante questa operazione sia palesemente disumana e illegale, sta comunque raccogliendo pareri favorevoli in giro per l’Europa. Anche perché, a ben vedere, è la prova su strada di un piano di estrema destra ben più ampio – quello della “remigrazione”, di cui parlerò oggi.

Il nuovo Volkskanzler

All’inizio del 2000 si stava seriamente parlando di cacciare l’Austria dall’Unione Europea.

“Sarebbe troppo semplice dire che dobbiamo tenerci l’Austria in Europa a tutti i costi”, diceva sferzante l’allora ministro degli esteri belga Louis Michel. “L’Europa può andare avanti benissimo senza l’Austria. Non ne abbiamo bisogno”.

Il paese era stato messo in una specie di confinamento politico, con tanto di sanzioni diplomatiche e minacce di sanzioni economiche. Il motivo di tutto ciò? La presenza nella coalizione di governo del Partito della Libertà d’Austria (FPÖ), guidato da Jörg Haider e ritenuto troppo estremo – praticamente nazista – per gli standard europei dell’epoca.

Bene: ora quell’isolamento sembra davvero uno scenario fantapolitico.

Perché non solo FPÖ esiste ancora, ma alle ultime elezioni politiche tenutesi il 29 settembre del 2024 è arrivato primo con quasi il 29 per cento dei voti.

Sebbene è del tutto improbabile che si riesca a formare un governo con dentro FPÖ, si tratta comunque del miglior risultato di sempre per un partito che solo cinque anni fa sembrava sull’orlo dell’estinzione dopo lo scandalo che aveva coinvolto l’allora presidente Heinz-Christian Strache, ripreso a Ibiza mentre discuteva di finanziamenti illeciti in cambio di favori ad aziende russe.

Da allora gli è subentrato il 55enne carinziano Herbert Kickl, che ha preso in mano le redini del partito imprimendo una svolta – se possibile – ancora più radicale.

Parliamo, del resto, di un politico dalle posizioni decisamente estreme.

Durante la campagna elettorale, giusto per fare qualche esempio, ha detto di voler diventare il nuovo Volkskanzler, ossia il “cancelliere del popolo” – un’espressione usata da Adolf Hitler. Ha inoltre accusato i “politici del sistema” di “alto tradimento nei confronti del popolo”, impiegando ancora una volta due termini (Systempolitiker e Volksverratusati dal dittatore nazista.

A proposito di leader autoritari: Kickl nutre una grande ammirazione per Vladimir Putin – in generale, FPÖ è considerato un partito esplicitamente filorusso – e per Viktor Orbán, al punto tale da voler importare in Austria il modello ungherese di “democrazia illiberale”.

Non sorprendentemente, il politico carinziano ha poi rilanciato teorie del complotto di vario tipo. Nella fase più acuta della pandemia di Covid-19 ha attaccato le restrizioni sanitarie con argomentazioni antiscientifiche, promosso rimedi inefficaci e pericolosi come l’ivermectina e diffuso propaganda antivaccinista.

Successivamente ha continuato ad ammiccare a un certo tipo di elettorato facendosi ospitare svariate volte sul canale complottista AUF1. Lì – e altrove – Kickl ha espresso posizioni antifemministe, anti-LGBTQIA+, negazioniste della crisi climatica (denunciando ad esempio l’inesistente “comunismo climatico”) e fortemente xenofobe.

A quest’ultimo proposito, molte delle idee e parole d’ordine in materia d’immigrazione sono prese di peso dagli Identitari austriaci – un movimento di estrema destra nato originariamente in Francia e guidato da Martin Sellner, definito dalla BBC “il volto moderno dell’estrema destra europea” per la sua abilità comunicativa e i suoi stretti legami con il suprematismo bianco anglosassone.

In particolare, il leader di FPÖ ha menzionato più volte il concetto di “remigrazione”, arrivando addirittura a chiedere l’istituzione di un “commissario europeo per la remigrazione”.

Ecco: cosa s’intende con questo termine apparentemente neutro? E da dove viene?


Le origini della “remigrazione”

Di per sé, per l’appunto, l’espressione può suonare del tutto innocua. E infatti, per anni è stata utilizzata dalle scienze sociali per descrivere il ritorno volontario di una persona migrante al suo paese d’origine.

A partire dagli anni Novanta, tuttavia, l’estrema destra francese si è appropriata di quel termine fino a trasformarlo in un sinonimo di deportazione forzata.

Il primo partito a promuovere la “remigrazione” è stato il Front National: in occasione delle regionali nel 1992, sui manifesti elettorali campeggiava lo slogan «Quand nous arriverons, ils partiront! » (“Quando ci saremo noi, loro se ne andranno via”).

All’inizio degli anni Dieci il concetto è stato adottato e reso popolare dal movimento identitario, che predica una forma di razzismo differenzialista volto a tenere rigidamente separata la superiore “cultura europea” (intesa in realtà come “razza bianca”) da tutte le altre.

La consacrazione è arrivata nel 2014, quando il militante di estrema destra ed ex consulente di Marine Le Pen Laurent Ozon ha lanciato il Movimento per la “remigrazione”. Nello stesso anno il Bloc Identitaire – da cui nascerà Génération Identitaire, che verrà a sua volta sciolta nel 2021 dalle autorità francesi – ha organizzato un convegno per la “remigrazione” a Parigi.

In quell’occasione è stato presentato un piano in 26 punti contro “l’immigrazione di massa”, che tra le varie cose contemplava la creazione di un “alto commissariato per la remigrazione”, un fondo apposito per le espulsioni e una “campagna mediatica per convincere i migranti a tornare in patria”. Secondo un rapporto del 2019 dell’Institute for Strategic Dialogue, dopo quel convegno il termine “remigrazione” ha avuto un’impennata su Twitter, raggiungendo il picco di 150mila tweet nel 2018.

L’idea ha poi fatto breccia in altri settori dell’estrema destra francese: sia tra i movimenti ultracattolici (come Civitas), sia tra intellettuali e polemisti – su tutti Eric Zemmour, candidato alle presidenziali del 2022, che nel corso della sua campagna elettorale ha promesso di istituire un “ministero per la remigrazione”.

Come ha spiegato il politologo Jean-Yves Camus in un’intervista del 2017, la “remigrazione” è strettamente collegata alla teoria del complotto della “grande sostituzione”, secondo la quale l’immigrazione sarebbe in realtà una forma mascherata di sterminio delle popolazioni “autoctone” (cioè bianche e cristiane).

La correlazione con la teoria razzista è stata sottolineata anche dalla ricercatrice e autrice Eviane Leidig, che in un’intervista al Guardian ha spiegato che “la ‘grande sostituzione’ è la diagnosi della società, mentre la ‘remigrazione’ è la cura”.


Da AfD a Trump: l’espansione globale del termine

Dal momento che la “sostituzione etnica” ormai rientra pienamente nella propaganda dei partiti dell’estrema destra europea, anche il concetto di “remigrazione” sta acquisendo sempre più popolarità e legittimazione.

Nel gennaio del 2024, la testata tedesca Correctiv ha rivelato che alcuni esponenti di Alternative für Deutschland si erano incontrati nel novembre del 2023 con membri di movimenti neonazisti e identitari (tra cui Sellner), nonché con alcuni finanziatori del partito.

Al raduno segreto si era lungamente discusso di un piano di “remigrazione” per espellere milioni di richiedenti asilo, persone immigrate e addirittura cittadini con passaporto tedesco “non assimilati” – ossia quelli di seconda o terza generazione – presso un paese africano ancora da individuare.

L’inchiesta aveva destato un enorme scandalo politico, sia per il contenuto in sé che per gli inquietanti rimandi storici: nel 1940 i dirigenti nazisti misero infatti a punto il cosiddetto “piano Madagascar”, che prevedeva il trasferimento forzoso di quattro milioni di ebrei europei in Madagascar.

Nonostante le manifestazioni di massa svoltesi in tutto il paese, AfD non ha mai rinunciato al progetto di “remigrazione”. Al contrario: il deputato del Bundestag René Springer, ad esempio, ha scritto su X nel gennaio del 2024 che “spediremo a casa loro milioni di stranieri. E non è un piano segreto. È una promessa”.

Durante la campagna per le elezioni statali in Turingia, svoltesi all’inizio di settembre 2024, il partito ha tappezzato le città di manifesti elettorali in cui compariva un aereo di linea sopra lo slogan “Estate, sole, remigrazione”.

E ancora: sui poster di Thomas Rosspacher, candidato di AfD alle comunali di Stoccarda tenutesi nel maggio del 2024, era presente la frase “una rapida remigrazione crea lo spazio vitale” – un chiaro ammiccamento al Lebensraum nazista.

Più recentemente, anche Donald Trump ha citato il concetto di “remigrazione” in un suo post su Truth Social. “Da presidente farò immediatamente cessare l’invasione dell’America da parte dei migranti”, ha scritto il 23 settembre del 2024, “e farò tornare a casa loro i clandestini di Kamala [Harris], un’operazione conosciuta anche come remigrazione”.

Secondo l’Huffington Post, l’uomo che potrebbe aver introdotto Trump al concetto di “remigrazione” è Stephen Miller, che ha saldi legami con il mondo del suprematismo bianco ed è stato consulente speciale dell’ex presidente durante il primo mandato.

E com’era ovvio, Martin Sellner e altri estremisti identitari hanno esultato per il post di Trump.

Dopotutto, sono riusciti nell’impresa di trasformare un oscuro concetto nella nuova parola d’ordine dell’estrema destra globale – nonché una nuova, terribile arma politica che i governi (come quello italiano) possono usare contro migranti e minoranze.

Vedi anche :

L’UDC e la Remigrazione

Legami tra UDC e l’estrema destra neofascista (tra cui Martin Sellner)