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LA MORTE DI NZOY, ENNESIMO ESEMPIO DI IMPUNITÀ POLIZIESCA E DI DISUMANIZZAZIONE RAZZISTA

– Traduzione del comunicato di Collectif Afro-Swiss

LA MORTE DI ROGER MICHAEL WILHELM, NZOY, ENNESIMO ESEMPIO DI IMPUNITÀ POLIZIESCA E DI DISUMANIZZAZIONE RAZZISTA

GIUSTIZIA PER NZOY: UN’ALTRA VITA NERA CANCELLATA DALL’IMPUNITÀ DELLA POLIZIA

Il comunicato pubblicato dal Ministero pubblico riguardo al decesso di Roger Michael Wilhelm, noto come Nzoy, avvenuto alla stazione di Morges nel 2021, rappresenta un insulto alla dignità umana e un colpo devastante per la comunità nera.

Archiviare questo caso invocando la legittima difesa e respingere l’accusa di omissione di soccorso dimostra ancora una volta l’impunità sistematica di cui gode la polizia, anche in presenza di atti che causano la morte.

Questa decisione ci ricorda, ancora una volta, che la vita delle persone nere è considerata negoziabile in una società che banalizza e istituzionalizza le violenze razziste.

Le vite delle persone nere non contano.


UN ATTO VIOLENTO GIUSTIFICATO DA UN SISTEMA RAZZISTA

Il Ministero pubblico afferma che l’agente ha agito in stato di legittima difesa e che l’uso dell’arma è stato proporzionato.

Ma quale proporzionalità può esserci in un atto che si è concluso con tre colpi mortali? Perché non sono state considerate altre modalità d’intervento, meno letali, di fronte a una situazione che poteva essere gestita diversamente?

Questa analisi ignora la dinamica razzista profondamente radicata nelle pratiche di polizia. In un mondo in cui i corpi neri sono percepiti come minacce intrinseche, la risposta della polizia diventa sistematicamente violenta, e spesso letale.

Nzoy è morto perché era nero. Questa verità, brutale e innegabile, si nasconde dietro il linguaggio giuridico sterilizzato del comunicato.

Affermare che l’azione dell’agente fosse conforme alla giurisprudenza equivale a legittimare pratiche poliziesche che disumanizzano sistematicamente le persone razzializzate.

Questa decisione non è un caso isolato; è l’espressione di un sistema che perpetua le violenze razziste e protegge i loro autori.


LA VIOLENZA SIMBOLICA DI UNA SIMILE DECISIONE

Per noi, persone afrodiscendenti, leggere questo comunicato significa subire un’ulteriore violenza.

Non si tratta soltanto di una decisione giudiziaria, ma di un messaggio chiaro: la morte di Nzoy è accettata come normale, quasi inevitabile.

Quello che viene detto è che le nostre vite valgono di meno, che le nostre morti non meritano né giustizia né riconoscimento.

Ogni parola di questo comunicato è uno schiaffo, un promemoria brutale della nostra posizione nella società.

Questa violenza simbolica è insostenibile. Conferma ciò che già sappiamo: il sistema giudiziario è complice di un apparato poliziesco razzista. Lungi dal tutelare i nostri diritti, protegge chi commette atrocità contro di noi.

Questa decisione, oltre a ignorare la responsabilità degli agenti, nega l’umanità di Nzoy.

Banalizza la sua morte e priva la sua famiglia del diritto legittimo a vedere riconosciuto il loro dolore.


UN SISTEMA GIUDIZIARIO IN COLLUSIONE CON LA POLIZIA

Come si può sperare in una giustizia equa quando la polizia è giudicata dallo stesso sistema giudiziario con cui collabora quotidianamente?

Questa procedura giudiziaria evidenzia ancora una volta la palese collusione tra i procuratori e le forze dell’ordine.

Questo sistema è incapace di imparzialità: protegge coloro che dovrebbe giudicare e sacrifica chi dovrebbe difendere.

Archiviando questo caso, il Ministero pubblico dimostra di non avere alcun interesse a perseguire gli agenti responsabili di violenze, anche letali.

L’impunità poliziesca non è un incidente; è una caratteristica strutturale di questo sistema. E tale impunità manda un messaggio desolante alle persone afrodiscendenti: le vostre vite non contano, le vostre morti non meritano giustizia.


UNA SECONDA VIOLENZA: L’OMISSIONE DI PORTARE SOCCORSO

Il Ministero pubblico respinge l’accusa di omissione di soccorso, sostenendo che gli agenti abbiano prima messo in sicurezza la scena prima di occuparsi di Nzoy.

Questo ragionamento è indecente. Le ferite causate dai proiettili erano “necessariamente mortali”, secondo il rapporto autoptico. Tuttavia, ogni secondo conta. Nzoy è rimasto 4 minuti e 30 secondi senza alcun soccorso, prima che un infermiere di passaggio iniziasse a prestargli le prime cure.

Rifiutare di vedere in ciò un’omissione significa negare a Nzoy il diritto di essere trattato come un essere umano, come qualcuno la cui vita meritava di essere salvata.

Non riconoscere questa omissione significa negare la responsabilità morale degli agenti. È come affermare che la vita di Nzoy non aveva abbastanza valore da giustificare uno sforzo maggiore.

Questo atteggiamento costituisce una violenza aggiuntiva per la famiglia e per la nostra comunità. Ci dice che le vite nere non meritano la stessa urgenza, lo stesso investimento, la stessa dignità.


IL DOLORE DELLA FAMIGLIA E LA NOSTRA SOLIDARIETÀ

Per la famiglia di Nzoy, questa decisione è una seconda tragedia.

Rifiuta loro il riconoscimento della perdita e amplifica il dolore negando la responsabilità degli agenti. Questa famiglia ha perso un figlio, un fratello, un amico.

Oggi porta il peso di un lutto ingiusto e di un’indifferenza istituzionale insopportabile.

Ma vogliamo dire loro: non siete soli.

Tutta la nostra comunità condivide il vostro dolore. Siamo in lutto con voi e rifiutiamo che questa ingiustizia venga dimenticata.

La vita di Nzoy era preziosa.

La sua morte non è semplicemente un “incidente sfortunato”; è una tragedia, un’ingiustizia, e ci opponiamo al tentativo di cancellarne il ricordo.

Condividiamo la vostra rabbia, il vostro dolore, e la vostra determinazione nel vedere questo caso riconosciuto per ciò che è: una violenza razzista aggravata dall’indifferenza istituzionale.


IMPUNITÀ POLIZIESCA, UNA VIOLENZA SISTEMICA

L’impunità poliziesca è una doppia violenza. Uccide una prima volta quando un agente priva una persona della vita, e una seconda volta quando legittima quell’atto e ne nega la gravità.

Ogni decisione di archiviazione, ogni non luogo a procedere, ogni giustificazione di un “uso proporzionato della forza” è un tradimento per le comunità nere.

Queste decisioni ci dicono che le nostre vite sono secondarie, che le nostre morti non meritano giustizia.

Ma ci rifiutiamo di rimanere in silenzio.

Questa rabbia che sentiamo è legittima, e sarà la nostra forza.

La morte di Nzoy è una tragedia, ma deve anche diventare un grido di battaglia per esigere riforme, per chiedere responsabilità e per porre fine a questa impunità che distrugge le nostre vite e le nostre comunità.