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25 APRILE TRA REVISIONISMO E GUERRA

25 aprile tra revisionismo e guerra

Tra sfruttamento, lavori precari e pericolosi, morti in mare, leggi razziste, militari per le strade, guerra, la democrazia somiglia sempre più al fascismo. Gli eredi della dittatura oggi sono al governo e, giorno dopo giorno, moltiplicano la stretta repressiva nei confronti di pover* e oppositor* politic* e social*.
Il governo Meloni fa un lieve lifting ma, giorno dopo giorno, rivendica le proprie origini, mentre occupa militarmente tutte le istituzioni culturali, i media e le posizioni cruciali per il controllo del territorio e delle coscienze. Meloni mira alla costruzione di una visione del passato, che riabiliti il fascismo. Criminalizzano le resistenza: le parole del ministro Lollobrigida sui morti fatti dall’antifascismo sono del tutto esplicite.
Hanno cominciato con il revisionismo sulle foibe, che seppelliscono definitivamente la memoria della ferocia dell’occupazione italiana e del regio esercito in Jugoslavia e in corno d’Africa. La sordina l’ha messa per prima la sinistra, ansiosa di chiudere con le fasi insurrezionali della Resistenza per costruire uno stato solido, secondo quando deciso da Stalin, Churchill e Roosvelt a Yalta. Togliatti, ministro comunista della giustizia decretò l’amnistia per i fascisti, lasciando in galera tanti che avevano combattuto il fascismo sin dagli anni Venti. I criminali di guerra italiani non sono mai stati perseguiti. É solo grazie a ricercatori come Del Boca se la storia della enorme violenza del colonialismo italiano non è finita come polvere sotto il tappeto. La sinistra ha arato il terreno ai fascisti oggi al governo.
Il fascismo, apparentemente sconfitto dall’insurrezione armata della Resistenza, non ha mai smesso di operare, sotto varie vesti, dall’immediato dopoguerra ad oggi, a volte come semplice supporto alla destra politica ed economica, a volte come elemento di punta dell’offensiva reazionaria e conservatrice: lo testimonia la lunga scia di sangue e di violenza che ha attraversato questo paese (come non ricordare le stragi di P.zza Fontana, di Brescia, ai treni, alla stazione di Bologna…).
Oggi con il diffondersi di un clima generale di intolleranza, razzismo e sessismo – che ha modificato i rapporti sociali, i comportamenti collettivi e le dimensioni individuali, basato com’è sul disprezzo e l’odio per le presunte “diversità” – si ripropone come sbocco “naturale” di una mentalità autoritaria e di una strutturazione gerarchica della vita sociale. Le politiche suicide della sinistra hanno fatto il resto con la precarizzazione del lavoro, l’adesione al neo liberismo, l’attacco alle conquiste sociali del ciclo di lotta precedente, l’ossessione per la legalità dimenticando che la legge è sempre frutto dei rapporti di forza sociali. Il risultato lo vediamo con Meloni e la sua cricca al potere. Oggi c’è il rafforzamento di una vasta rete di alleanze di fatto, che va dalle destre istituzionali alla criminalità organizzata e ad ampi settori dell’apparato statale, fino ai gruppuscoli dell’estremismo più becero. Al di là dei linguaggi, i loro obiettivi sono identici (migranti, realtà anarchiche e comuniste, centri sociali, sindacati di base, comportamenti giovanili, etc.) e fatti propri anche da quei sedicenti “moderati” che vorrebbero più polizia e più repressione, rafforzando quell’apparato statale che, tramite magistratura e polizia, arresta, denuncia e persegue penalmente l’attivismo antifascista, criminalizzando le manifestazioni di piazza con il principio della responsabilità collettiva e dilatando l’applicazione degli articoli sull’associazione sovversiva. Quello stesso apparato che, tra le file delle forze di repressione interna ed esterna, dell’esercito, arruola e mantiene in servizio individui dichiaratamente fascisti.

Ne abbiamo parlato con un compagno di Milano, Massimo Varengo.

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– Da Radio Blackout