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Tu chiamale se vuoi TenTAZioni: Luoghi, forme e termini per un’occupazione autogestita

30/06/23 – Comunicato SOA il Molino

Tu chiamale se vuoi TenTAZioni
Luoghi, forme e termini per un’occupazione autogestita
NOI APRIAMO SCUOLE – VOI CHIUDETE NEI BUNKER

Temporaneamente
Si dà il caso che sia lo spazio a permettere l’esistenza del tempo. Senza uno spazio da
percorrere l’energia delle stelle non potrebbe essere misurata in anni luce. Per sapere che ore
sono abbiamo bisogno di misurare il movimento di lancette all’interno di uno spazio definito
quadrante o, se preferite, la frequenza di movimento di qualche particella all’interno di un
campo elettromagnetico. Macchine che coordinano universalmente i tempi di altre macchine,
al servizio dell’attuale produzione capitalistica, in cui il tempo è concepito linearmente.
Forse non arriveremo al punto di sparare a tutti gli orologi della città, come a Parigi nel 1871,
ma riprendendoci spazio, occupandolo e liberandolo intendiamo ridefinire anche la nostra idea
di tempo – decisamente non lineare – riappropriandocene secondo le nostre necessità.
La durata di quest’occupazione temporanea sarà quindi stabilita in base alle esigenze
collettive di un’assemblea popolare – sabato alle 16.00 a cui invitiamo a partecipare tutte le
persone interessate – che rimarrà in occupazione almeno fino a domenica.
Nel frat-tempo…, se a qualcuno dovessero insorgere i soliti pruriti, ricominci pure a grattarsi
pensando a come insabbiare la nuova riapertura delle indagini sulla distruzione dell’ex macello
e al fatto che da due anni a questa parte l’area giace in macerie, senza responsabili politici né
materiali, ma soprattutto senza vita (umana) e senza progetti. Altro che “sprecare il lavoro
fatto nei mesi scorsi per imbastire un discorso sulla cultura dal basso e la necessità di nuovi
spazi”, come sostiene – depistando per l’ennesima volta con questioni che non c’entrano nulla!
– il sindaco ad interim Foletti. La verità è che il municipio continua a falsificare e a “mentire
sapendo di mentire”. Tanto più che da parte delle istituzioni non c’è mai stata nessuna volontà
di trovare soluzioni: ancora una volta siamo noi a farlo, a togliergli dall’imbarazzo, proponendo
alternative percorribili e ridando vita all’ennesimo spazio in disuso da anni.

Politicamente
Una zona autonoma è uno spazio liberato. Uno spazio liberato è un luogo contro. Un luogo
contro la depoliticizzazione, volta ad ammorbare e ad appiattire il conflitto sociale.
Solo negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad appelli vergognosi di questo tipo, in ogni singolo
ambito di mobilitazione dal basso: verso i movimenti autorganizzati nel settore pubblico contro
i tagli alle pensioni, ai quali viene chiesto di non “esagerare con la critica al sistema e di non
sventolare la bandiera del Che Guevara in piazza…”; verso i movimenti contro il cambiamento
climatico, ai quali viene addirittura imposto lo scioglimento per legge quando ritenuti “troppo
radicali”, come è avvenuto recentemente in Francia con Les Soulevements de la Terre; verso i
movimenti femministi, ai quali si imputa un eccesso di… femminismo (sic!), come appena
avvenuto in seguito al recente sciopero delle donne in Svizzera del 14 giugno scorso. Per non
citare solamente lo strampalato invito del municipale di Lugano, Roberto Badaracco, a definire
“uno spazio per la cultura indipendente apolitico” (sic!²), senza che nemmeno una voce si sia
levata dal mondo culturale per confutare tale assurdità.
E mentre media e politicanti si affannano a stigmatizzare e condannare qualsiasi forma di
conflittualità sociale, sciorinando pennellate di conformismo su ogni tema politico; mentre
l’ennesimo ragazzo viene ammazzato dalle “forze dell’ordine, l’estrema destra cresce e
assume ruoli di governo in tutta Europa.
Continuiamo a ritenere che la pacificazione sociale serva solo a consolidare il campo del
fascismo e della guerra e continuiamo a rivendicare uno spazio autogestito contro di essa,
contro il razzismo, contro il cis etero patriarcato e quindi contro quel sistema che vorrebbe
recuperare e appiattire ognuna delle istanze conflittuali di cui si nutre: il sistema capitalista.

Consapevolmente: dove, come, perché
Siamo consapevoli di essere “minoranza” ma attorno a noi abbiamo sempre sentito un calore
importante e non smettiamo di sentire necessaria la nostra lotta in questa città. Siamo anche
consapevoli che per molt* lottare contro contro questo esistente possa apparire utopistico,
quando non addirittura velleitario, perché il capitalismo è prima tutto una relazione sociale nella
quale siamo tutt* immers*. Proprio per questo riteniamo che partire da uno spazio liberato da
forme di mercificazione, profitto, esclusione, autorità, attraverso un percorso collettivo e
assembleare, sia solo il primo passo da compiere per inseguire gli orizzonti di un cambiamento
quanto più urgente e necessario.
E quale luogo migliore, simbolicamente, se non una scuola? Un luogo in cui si insegna a
eseguire passivamente invece che a ragionare criticamente, che diffonde un unico punto di
vista come universale e in cui differenze ed errori sono sanzionati invece che valorizzati. Un
luogo dove si creano futuri lavoratori iscrivibili nelle logiche del consumo, che tende alla
standardizzazione, alla competitività e ancora pregno di stereotipi che continua a trasmettere.
Abbiamo deciso di occupare l’ex stabile scolastico di Viganello perché una città che progetta
cementificazione e speculazione attorno ai grandi poli dell’intrattenimento e del turismo, lascia
colpevolmente deperire intere strutture scolastiche, mentre alloggia studenti e studentesse in
container o situazioni scomode e provvisorie.
Per questo stabile è previsto l’abbattimento, con conseguente ricostruzione di un nuovo
edificio a un centinaio di metri di distanza, con una spese superiore ai 20 milioni. Questo
progetto – contestato da buona parte del vicinato – comporterebbe inoltre la distruzione
dell’adiacente zona verde, tuttora utilizzata e vissuta dalla popolazione di quartiere. Il tutto
attraverso pianificazioni calate dall’alto, come nel recente caso della piazza di Molino Nuovo o
di Besso e di altri quartieri popolari.
Riutilizzare, ripensare, liberare gli innumerevoli edifici abbandonati di questa città significa
anche lanciare un messaggio politico forte e alternativo a chi ritiene che la barca sia piena. E a
chi militarizza le frontiere e prospetta la nuova apertura di campi, centri chiusi o di bunker per
persone migranti o giovani in difficoltà, noi rispondiamo riaprendo una scuola.
Non sappiamo se questo sarà il nostro approdo definitivo, non sappiamo se sarà approdo da
condividere con altre realtà ma vogliamo riaprire la discussione sull’autogestione secondo le
nostre modalità e a partire da questa occupazione. Confrontandoci con la popolazione che ci
vive, con le realtà che vorranno attraversarlo nei termini di rivendicazioni politiche e culturali
definite sulla base di necessità collettive.

Nel caso riusciremo a passare la notte, invitiamo tutt* a raggiungerci da domattina
presto, per visitare lo spazio (passarci la giornata, la serata o la notte), capire le
esigenze, parlare, giocare, o farsi semplicemente un giro.

Dalle 08.00 colazione anti-sgombero; dalle 10.00 corso di danza africana, allenamento di
boxe, giochi da tavola e chiacchiere sparse. Alle 13.00 pranzo popolare, dalle 14.00
partite di basket e calcio e alle 16.00 assemblea per confrontarci sulle necessità di
spazio e su come questo stabile possa diventare una proposta collettiva di spazi altri
fuori dalle logiche di controllo, di tempo e di mercificazione statale.
Se hai attività da proporre durante la giornata vieni a condividerle!
In caso dovessero invece procedere con l’ennesimo sgombero miope, perfetto esempio di
incapacità di dialogo, vi invitiamo a raggiungerci e a solidarizzare con l’esigenza di spazi altri.
Apriamo scuole contro chi fa del bunker la propria visione del mondo.
Saluti libertari,
 SOA Il Molino